Tag Archives: giovani e lavoro

Tre Anni

3 Mag

La durata media di un progetto di sviluppo è di tre anni. Noi siamo giá a metá strada; cominciamo a vedere i primi frutti che danno grande soddisfazione e voglia di andare avanti… ma la strada é ancora lunga ed é sempre piú evidente come tre anni non possano essere sufficienti.
Manca ancora un anno e mezzo. Tanti risultati sono stati raggiunti, tanti altri si raggiungeranno sicuramente. Alcuni invece sono stati giudicati chiaramente irrealizzabili in quanto poco realistici, rendendo necessario richiedere una variante al nostro ente finanziatore.
Poi ci sono gli obiettivi, e sono quelli che preoccupano. Da qui ad un anno e mezzo la sostenibilità non è garantita; servono più tempo e più risorse affinché tutto ciò che è stato investito fino ad ora non risulti solo uno spreco.
Capisco ora pienamente le parole del prof. quando a lezione sottolineava l’importanza di inserire i progetti in un processo di cambiamento. Il problema forse è che noi stiamo iniziando quel processo con i nostri progetti in loco. El Salvador è un paese uscito dalla guerra civile da appena 20 anni, e tutto ciò è ben riflesso nella sua società; a ciò si aggiungono i problemi “classici” di questi paesi, tra cui il machismo, l’eccessivo potere assunto da leader religiosi di alcune sette, l’analfabetismo, la violenza etc… .

Quando vivevo di soli manuali e teoria, pensavo che tre anni fossero abbastanza, forse anche troppi. Una successione di giorni, settimane e mesi in cui realizzare tantissime cose. Ora che comincio a scontrarmi con la realtà mi rendo conto dei mesi persi per star dietro alla burocrazia, della stagione delle piogge arrivata troppo presto che rischia di fermare i lavori, degli errori commessi in passato a cui ora bisogna rimediare, dei problemi quotidiani piccoli e grandi. Ma non si può andare oltre i tre anni, non con questo progetto. Non rimane allora che aspettare che esca un nuovo bando per continuare il lavoro fatto, perché pur con mille difficoltà questo progetto comincia a funzionare e parte dei beneficiari comincia a sentirlo proprio.

Simona, 31 anni, El Salvador

Il Fattore Umano in un Progetto

29 Apr

Lavorare in un progetto di sviluppo è difficile!

Il motivo può risultare semplice: differenti culture, paesi poveri, risorse scarse, modi di lavorare totalmente opposti, lingue, luoghi, cibi troppo diversi. A tutte questi fattori però, piano piano, ci si adegua; alcuni si comprendono, altri si imparano, altri ancora si accettano e basta. Dopo un po’ di tempo sai che le cose sono così, vanno in un determinato modo e non puoi far altro che conviverci, di prenderle così come sono, senza farti troppe domande.

Tutto questo è amplificato dal fatto che spesso i progetti di sviluppo sono in villaggi o piccole città, dove la comunità espatriata è ristretta, ci si conosce tutti, le sere le si passano insieme per ammazzare il tempo che altrimenti scorrerebbe troppo lentamente per i tempi occidentali.

Quello che non ti aspetti, però, è che i maggiori problemi non sono causati dall’ambientarsi ma sono causati dal fattore umano. Sono problemi che nascono dalle persone e, troppo spesso queste persone sono internazionali, quelli che comunemente sono chiamati “espatriati”; coloro ai quali è affidato il delicato compito di fare sviluppo cercando di rispettare la cultura, il modo di fare, di pensare delle persone locali. Troppo spesso questo fattore umano predomina; troppo spesso influisce sul lavoro e ne modifica i risultati, le dinamiche, i tempi e le relazioni.

In un luogo in cui non si è abituati a vivere per lungo tempo, ci si aspetta di trovare un ambiente espatriato sereno, pacifico, rilassante. Ti aspetti di veder fare cooperazione e non guerra sociale; t’immagini che i cooperanti facciano cooperazione; t’immagini che, per il lavoro che sei andato a fare, ad imparare, l’etica sia la regina delle doti umane; t’immagini che i problemi nascano da quelle che si chiamano “condizioni esterne”; t’immagini che la solidarietà, in luoghi spesso dimenticati da Dio, la faccia da padrona; t’immagini che le dinamiche sociali mirino esclusivamente a far gruppo al fine di convivere nel miglior modo possibile … a volte, però, l’immaginazione è meglio lascarla all’immaginario collettivo e che noi stagisti, cooperanti, espatriati ci limitassimo a ricordare il motivo che ci ha portato a partire!

Antonio, 28 anni, Tanzania

Dietro la Porta di un Giovane Cooperante

9 Apr

DSCF0307 (1)Il biglietto aereo ingiallisce ogni giorno di più e il ritorno è sempre più lontano… dal mio arrivo.

Rieccola. Di nuovo la sensazione di dover far qualcosa, di nuovo quello strano stato d’animo, come se il mondo smettesse di girare e fossimo noi a dover alimentare la sua spinta.

Non è così, è solo che non c’è un progetto, un lavoro  o forse un giorno sembra esserci, poi diventa incerto, improbabile, sospeso, bisogna aspettare. Bisogna essere flessibili dopotutto, ci dobbiamo saper adattare, trovare le posizioni giuste.

Una riunione, un’altra, poi penso che tutto stia per succedere. No, dobbiamo vedere come andranno certe cose:  il rientro dall’estero di qualcuno, l’uscita di un bando o l’arrivo di alcuni finanziamenti.

Si procede ancora a vista, così va avanti anche la mia vita, con le mani avanti… ad attutire il colpo. Mi devo guardare intorno, aprire altre porte, sapere che questo potrebbe non essere il mio lavoro, impegnarmi per ottenerlo ed imparare a fare altro per evitare il peggio.

Non voglio continuare a vedere la mia vita dallo spioncino.

Luca, 27 anni, Roma

Giovani Italiani Bruxelles

Iniziativa indipendente volta a chiedere politiche concrete per i giovani italiani.

Keynes blog

Rassegna di idee per capire la crisi

amo il web, non ricambiato

Aneddoti e piccoli incidenti del mondo digitale italiano.

Pinterestitaly

Il blog italiano (non ufficiale) su Pinterest

Briciole in cucina

Storie da infornare

Far di Conto

Piccoli numeri e liberi pensieri

PERCENTUALE

DENTRO o FUORI?

WordPress.com News

The latest news on WordPress.com and the WordPress community.